L’inquietudine del critico

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Venerdì 26 ottobre, dalle ore 18.30, presso il Bad Museum, Via B. Croce 1 Casandrino (Napoli) prende il via la rassegna L’inquietudine del critico, a cura di Stefano Taccone, che, attraverso un ciclo di presentazioni di libri, cui presenzia costantemente l’autore, intende operare una ricognizione sulla critica d’arte italiana di più giovane generazione.

AUTORI (clicca sui nomi per visualizzare le foto)

CECILIA GUIDA - Spatial Practices. Funzione pubblica e politica dell’arte nella società delle reti

LARA CONTE - Materia, corpo, azione. Ricerche artistiche processuali tra Europa e Stati Uniti. 1966-1970

MARIA GIOVANNA MANCINI –  L’arte nello spazio pubblico. Una prospettiva critica

 

L’inquietudine del critico

            «Nel mondo dell’arte giovanile», scrive Mario Perniola, «sembra diffusa l’opinione che l’arte di oggi possa fare a meno della teoria: il compito del critico d’arte dovrebbe così limitarsi a una specie di cronaca e di promozione pubblicitaria degli artisti che gli piacciono, senza più intervenire su questioni, non dico di estetica, ma nemmeno di poetica e di storia dell’arte».[1]  Il progetto L’inquietudine del critico – ardito fin dalla scelta della parafrasi deliberatamente lonziana del titolo[2]  – intende evidenziare, attraverso un ciclo di presentazioni di libri, i casi di alcuni studiosi di giovane generazione che, consapevoli o meno, rinvengono nelle parole del celebre ed autorevole estetologo – ancora pienamente attuali, benché scritte oltre un decennio fa – una sfida da raccogliere, senza pensare di glissare sulla condizione di profonda crisi in cui la critica d’arte versa crescentemente da decenni – né tanto meno pensare di sciogliere i profondi dilemmi che interessano il dibattito intorno alla sua natura -, ma anche senza lasciarsi inibire dalla possibilità del fallimento.

Distanti tanto dalla figura del curatore trendy – magari informato per filo e per segno sull’attualità più appariscente, ma con una memoria storica che nel migliore dei casi coincide con l’inizio del nuovo millennio ed un bagaglio teorico ancor più esile – quanto da quella del ricercatore rigidamente accademico – che rifiuta la militanza sul campo, il necessario confronto diretto non solo con l’opera, ma anche con l’artista e con gli altri attori del sistema, nonché dello specifico storico-artistico con le altre branche del sapere -, essi, nati e cresciuti in un tempo che si vuole all’insegna del “post”, dove tutto è stato detto e fatto, vanno invece in cerca di territori ancora inesplorati o suscettibili di nuove esplorazioni, di connessioni non ancora stabilite o da interrompere per riattivare su basi nuove, nella possibile prospettiva di integrare, se non proprio di mettere in crisi, la vulgata dominante. Alcuni dimostrano una prassi che privilegia la ricostruzione storica, altri si attestano su di un profilo più prossimo alla riflessione teorica; altri ancora contaminano disinvoltamente i metodi e gli obiettivi del discorso storico-artistico con quello proprio delle altre scienze umane; tutti procedono da quella sana inquietudine che scaturisce dalla volontà di sapere, di verificare costantemente i dati tramandati ed acquisiti, leggendoli in rapporto alle ideologie di quel determinato tempo e quel determinato spazio di cui sono espressione e soppesando la loro relatività, senza temere e smussare, anzi evidenziando, le ambiguità e le contraddizioni delle vicende artistiche che, come le vicende dell’umanità tout court, sono spesso la combinazione di spinte divergenti e contrastanti.

Tutto ciò in un contesto in cui, riferendoci nuovamente alla oggi spesso incoerentemente venerata Carla Lonzi, la critica – benché forse non necessariamente il critico – invece di rammaricarsi del suo essere potere[3]  – considerazione in verità alquanto datata se si considera la «profonda mortificazione»[4]  cui, come osserva Hal Foster, è sottoposta fin dagli anni ottanta – dovrebbe piuttosto puntare, a fronte dell’ autoreferenziale mercato speculativo cui in maniera sempre più esclusiva paiono legate le sorti dell’arte, a riprendersi il potere.

 

Stefano Taccone


[1] M. Perniola, L’arte e la sua ombra, Einaudi, Torino, 2000, p. 63.

[2] Cfr. C. Lonzi, La solitudine del critico, “Avanti!”, Roma, 13 dicembre 1963, ora anche in C. Lonzi, Scritti sull’arte, a cura di L. Conte, L. Iamurri, V. Martini, et. Al., Milano, 2012, pp. 353-356.

[3] Cfr. C. Lonzi, La critica è potere, “NAC. Notiziario d’arte contemporanea”, n.s., n. 3, dicembre 1970, pp. 5-6, ora anche in C. Lonzi, Scritti sull’arte, cit., pp. 647-650.

[4] H. Foster, The return of the Real. The Avant-Garde at the End of The Century, MIT Press, 1996, trad. It. Il ritorno del reale. L’avanguardia alla fine del Novecento, Postmedia, Milano, 2006, p. 124.


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